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Gli stereotipi sugli italiani a lezione

Agosto 28, 2019 by itxstra

L’idea che si ha all’estero degli italiani è senza dubbio tra le più caricaturali. Per gli studenti stranieri che imparano la lingua italiana è dunque senz’altro interessante saperne di più circa tale immagine stereotipata. Sicuramente catturerete la loro attenzione approfondendo quali punti sono veri e quali sono frutto della fantasia o di alterazioni della realtà.

Ecco alcuni spunti che potete trattare a lezione dopo una piccola ricerca su internet (o ricorrendo alle vostre conoscenze personali):

1-La Mafia.

L’immagine del Padrino, che si associa immediatamente al termine “Mafia” ha poco a che fare con le realtà mafiose presenti ad oggi nella penisola. Si può descriverle brevemente (Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita) associandole al loro luogo d’origine, proporre la storia di Falcone e Borsellino, parlare di Saviano e consigliare la serie Gomorra oltre ai film Gomorra e Suburra (quest’ultimo, meno famoso, sulla  relazione tra mafia e politica è ambientato a Roma);

2- La pizza.

Un percorso interessante consiste nel raccontarne le origini e la storia degli ingredienti e del nome (il lievito egizio, il pomodoro delle Americhe, la pitta greca, il mito del nome ‘Margherita’ associato alla regina…);

3- Il gesticolare.

Lo stereotipo qui ha un fondamento reale, ma è portato agli estremi dagli italoamericani che spesso, senza curarsi del significato reale dei gesti, li usano esageratamente per enfatizzare la propria ‘italianità’. Si possono invece spiegare i gesti più utilizzati nella loro forma abituale;

4- La parlata alla ‘SuperMario’.

Anche in questo caso si tratta della parlata degli italoamericani di seconda o terza generazione. Una lezione sull’emigrazione italiana negli Stati Uniti è cruciale per comprendere la differenza tra l’italoamericano e l’italiano che vive ad oggi in Italia. Con le classi più avanzate sarebbe interessante instaurare un parallelismo con il fenomeno migratorio odierno dall’Africa in Italia;

5- Lo stile nel vestire e il latin lover.

Per dimenticare il tipico bellimbusto è sufficiente parlare della multietnicità e della globalizzazione. Chi sono gli italiani di oggi? Si può approfittare anche per trattare la storia dei primi sarti italiani e delle loro capacità imprenditoriali, dei prodotti tessili storicamente conosciuti all’estero e, perché no, del Made in Italy famoso nel mondo.

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Come aiutare l’alunno a pensare invece di memorizzare?

Agosto 21, 2019 by itxstra

Come aiutare l’alunno a pensare invece di memorizzare?

Per apprendere una lingua è necessario uno sforzo mnemonico, per crearsi un bagaglio di termini, declinazioni e costruzioni che funzionino come base per organizzare le successive acquisizioni.
Tuttavia la memoria va agevolata e potenziata con alcuni trucchi, e supportata con la comprensione. Ecco, di seguito, alcuni elementi che facilitano la memorizzazione e che l’insegnante di italiano può impiegare durante le lezioni:

1.
Le traduzioni “maccheroniche”.
Quando la struttura richiesta dai termini (soprattutto nel caso dei verbi o di formule fisse) è peculiare e differente da quella utilizzata nella lingua madre dagli studenti, le traduzioni maccheroniche sono un ottimo alleato. Esse permettono allo studente di capire come un italiano penserebbe quel verbo o costrutto.
Al principio gli/le suonerà strano ed artificioso ma questo, dal punto di vista della memoria, è solo un vantaggio! Masticherà un poco la formula che gli avete proposto proprio perché risulta stridente. Insistete sull’espressione in questione proponendogli/le subito alcune frasi in cui questa compaia. Così ne accelererete il processo di assimilazione;

2.
I costrutti equivalenti.
La situazione agli antipodi, rispetto a quella appena trattata, è quella in cui in inglese (o nella lingua madre dell’alunno) la struttura in questione ha un corrispettivo esatto. Anche in questo caso sottolineate abbondantemente l’affinità tra le due espressioni, così l’alunno ricorderà di dover semplicemente ricorrere a una traduzione letterale e aggiungerà da subito l’espressione appena imparata a quelle che usa con disinvoltura.

3.
L’etimologia delle parole.
Quando l’insegnante ha una buona conoscenza del latino e del greco antico può senz’altro impiegarla. Va tenuto presente, però, che l’obiettivo è quello di alleggerire lo studente e non di caricarlo ulteriormente con informazioni superflue. Bisogna pertanto limitarsi a dare un appiglio utile alla memoria ed evitare riferimenti eccessivamente complessi.
Facciamo un esempio efficace.
Come memorizzare il termine “cattivo”?
“Cattivo” deriva da captivus, ovvero prigioniero, da cui anche l’inglese captivity.
Questo tipo di spiegazione agevola la memoria poiché ha un riferimento noto nella lingua inglese e coinvolge una specie di “storia” o inferenza che è la seguente: il termine è passato dal designare chi sta dietro le sbarre, perché prigioniero di guerra o incarcerato, a indicare tutti coloro che sono malvagi.

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Insegnante giovane e alunno adulto. Lezioni individuali

Agosto 14, 2019 by itxstra

Un paio di anni fa i miei professori dell’università avevano l’età che, oggi, hanno molti dei miei alunni.

Confesso che ogni tanto ho pensato di mettere un paio d’occhiali. E non perché mi manchino diottrie: ci vedo benissimo! Ma, piuttosto, per dimostrare qualche anno in più davanti ai miei alunni over quaranta.
In realtà ho capito ben presto che la credibilità non si basa sull’età anagrafica bensì sul modo in cui si impostano le lezioni.

E inoltre il madre lingua, per giovane che sia, è come un “adulto nella propria lingua”, mentre il discente è nella tappa dell’infanzia o prima adolescenza per ciò che riguarda il nuovo idioma, pur essendo adulto in un senso assoluto.

Vista in questo modo, non viene invertita la legge naturale secondo cui i più anziani insegnano ai più giovani.

Alcuni consigli…

1) L’importanza dei primi passi. Perché non dedicare la prima lezione all’alunno, a conoscere l’individuo e i suoi obiettivi linguistici? Rispetto alle lezioni con bambini e adolescenti, in cui ascoltare e conoscere servono all’insegnante per tracciare il cammino, nel caso di un adulto, una modalità più collaborativa, dialogata e disposta a concordare il percorso didattico, dà una migliore sensazione all’alunno.

2) Aut aut. A questo proposito, un modo efficace per mantenere il controllo della situazione e lasciare discreta libertà allo studente, è quello di proporre due (o tre) opzioni. Così potrà scegliere senza perdersi nei meandri dello scibile umano e senza sentirsi abbandonato a se stesso.

3) Sempre sul pezzo. Essere preparati è fondamentale. La lezione approssimativa darà l’impressione del professore sbarbatello tentennante e alle prime armi.

4) Gli errori. Vanno sottolineati con coerenza, pena la perdita di credibilità. Ciò significa che, nell’ambito di un medesimo arco di tempo, se si decide di far notare all’alunno un certo errore, bisogna farglielo notare sempre. È importante presentare l’errore in modo simpatico e disinvolto soprattutto quando è assai frequente.

5) Occhio ai complimenti. L’eccesso d’enfasi può risultare fastidioso, e l’alunno sentirsi trattato in modo infantile. È opportuno complimentarsi mostrando sincero stupore. O, per meglio dire, è bene complimentarsi quando si è sinceramente rallegrati, soddisfatti e colpiti dai risultati del discente.

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Musica per insegnare italiano: canzoni a lezione di italiano

Agosto 7, 2019 by itxstra

Nel precedente articolo si è parlato di come integrare la musica nelle lezioni di italiano. Ora si tratterà, più nello specifico, di come strutturare una lezione che ruoti attorno a una canzone, sia quando si ha a che fare con un solo alunno, che quando si lavora con un gruppo classe.

1)
Lezione individuale

A) Ascolto della parte selezionata per intero;
B) Comprensione durante il secondo ascolto. Premete il tasto pausa così l’alunno potrà ripetere ad alta voce la frase appena ascoltata, e abbozzarne una prima traduzione/spiegazione;
C) Analisi e spiegazione dell’insegnante durante il terzo ascolto;
D) Riempimento di spazi in un testo incompleto che offrirete all’alunno. Quanto più la canzone è lenta, l’analisi del punto (C) è stata approfondita e l’alunno è avanzato, tanto più ampi saranno gli spazi;
D) Karaoke;
E) Chiedete di inventare alcune frasi utilizzando SOLO le parole ascoltate nella canzone. Lasciate allo studente la possibilità di sbirciare il testo!

2)
Attività con una classe

A) Ascolto della parte selezionata;
B) Divisione della classe in squadre di 5/6 individui. Durante il secondo ascolto ciascun membro della squadra scrive il testo per conto proprio. Alla fine, la squadra si riunisce ed elegge un caposquadra, che scrive la canzone per intero. I testi vengono corretti dall’insegnante. Ogni parola errata equivale a -1 punto, ogni errore di grammatica a -0,5.
C) Ciascuna squadra sceglie un proprio membro che canterà la canzone.
I capisquadra devono ora stabilire chi fra i concorrenti ha cantato meglio. Questi otterrà 3 punti per la propria squadra
D) Ora ciascun gruppo elegge un nuovo caposquadra, che deve scrivere il maggior numero di frasi usando solo le parole del testo (lasciatene una copia a ciascuna squadra). Avranno a disposizione 5/7 minuti che l’insegnante cronometrerà. Gli altri membri possono suggerire ma non scrivere. Si calcolano nel punteggio esclusivamente le frasi corrette (+3 punti).

Buon ascolto e buon divertimento!

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Musica per insegnare italiano: quando, quanto, come, con chi

Luglio 31, 2019 by itxstra

Una delle tecniche fondamentali per imparare una nuova lingua è ripetere, ripetere e ripetere… Lavoro che, assai sovente, risulta noioso per lo studente e per l’insegnante. Per fortuna ci sono le canzoni! Esse ci permettono di introdurre qualcosa di ripetitivo ma non tedioso.
Non sempre, tuttavia, la musica è adeguata. Ecco, allora, qualche consiglio.

1) Con quali studenti ricorrere alla musica?

Senz’altro, con coloro che si dimostrano interessati.
L’esercizio dell’ascoltare e decifrare canzoni è prescindibile. Pertanto, se non solletica l’attenzione dello studente, può essere sostituito dalla visione di video, brevi documentari o corti più adatti per lui.
Va da sé che il livello dei testi debba essere adeguato al livello dello studente, così come il genere musicale. Per quel che riguarda quest’ultimo punto, l’età anagrafica gioca un ruolo cruciale.

2) In che misura usarla?

L’analisi di una canzone non deve diventare il sostituto abituale della lezione. A volte è difficile limitare i tempi di ascolto, specialmente se agli alunni piace questa parte del corso. È consigliabile tuttavia concederle al massimo l’8/10% del tempo a disposizione.

3) Quando e come usarla?

È efficace inserire una lezione musicale per introdurre un argomento, per concluderlo o come intervallo durante la spiegazione.
La strategia migliore è quella di dedicare una lezione unicamente alla canzone in modo da non essere dispersivi. In molti casi è preferibile selezionarne una sola strofa e il ritornello (o quella porzione che contiene il maggior numero di termini interessanti). Insomma: less is more, se l’obiettivo è che gli alunni assimilino nuove espressioni.

4) In che contesto impiegarla?

La musica è uno strumento che si adatta tanto alle lezioni individuali, quanto alle classi. Gli esercizi che si possono svolgere nell’uno e nell’altro caso sono differenti (vedi il prossimo articolo).

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Insegnanti italiani in Spagna 2. Il settore privato

Luglio 24, 2019 by itxstra

Ben ritrovati!

In questa seconda parte parleremo di quali sono le opzioni per coloro che vogliono insegnare italiano in Spagna senza passare per la dantesca via della scuola pubblica. Vi dico già da ora che il percorso non è affatto rose e fiori.

Nelle scuole private e nei colegios concertados (un ibrido fra pubbliche e private) si può lavorare venendo selezionati dal dirigente scolastico sulla base del curriculum, un po’ come in Italia.
Dunque sono scuole accessibili, in linea teorica, anche per professori che hanno conseguito la laurea in altri paesi. Soprattutto per quel che riguarda gli insegnanti di lingua, non ci sono grandi ostacoli. Purtroppo però l’italiano non viene insegnato praticamente in nessuna scuola come seconda lingua.

Ultimamente, in Spagna proliferano le Academias ovvero centri privati per il doposcuola che offrono una sorta di ripetizioni a classi o individui.
Talvolta sono richiesti professori di greco classico e latino (che qui al liceo si studiano poco e male).
Altre volte invece l’interesse è per le lezioni di lingua. Poiché l’insegnamento della lingua inglese nelle scuole spagnole è di livello inferiore persino a quello italiano (vi lascio immaginare…!), i genitori assai sovente mandano i figli ai doposcuola di Inglese.
Può succedere che queste accademie offrano anche tedesco, francese e cinese. Quasi del tutto assente l’italiano.
Generalmente, ma non sempre, tali scuole cercano insegnanti madrelingua.
È comunque imprescindibile presentarsi con un minimo di curriculum se si vuole essere presi in considerazione.

Per riassumere, se siete agli inizi e non siete madrelingua inglesi, le cose si complicano notevolmente.
Scordatevi, in questo contesto, un contratto che non sia “de obra y servicio”. Esso consente al datore di lavoro di mandarvi a casa in qualunque momento.

Per ricercare clienti privati, se escludiamo il buon vecchio attacchinaggio, rimane l’opzione:
www.tusclasesparticulares.com
Si tratta di un sito gratuito spagnolo che mette in contatto insegnanti e alunni.

Non mi resta che augurarvi ¡mucha suerte!

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Insegnanti italiani in Spagna 1. Il settore pubblico

Luglio 17, 2019 by itxstra

Cari giovani professori,

Se avete intenzione di cercar fortuna all’estero e volgete lo sguardo verso la penisola iberica, così affine per lingue costumi e stile di vita al Bel Paese beh… ciò che viene di seguito fa al caso vostro!
Nei prossimi due articoli cercherò di darvi quante più informazioni utili possibili circa il sistema educativo spagnolo statale e privato, e le modalità di accesso.

Per arrivare a lavorare nella scuola pubblica dovete seguire la lunga ed estenuante procedura che vi illustro qui di seguito:
1. Portate il vostro documento di laurea con relativo Learning Agreement da un traduttore certificato (traductor jurado). Non potete tradurlo voi. Troverete la lista completa di traduttori certificati cliccando su “listado actualizado” nella pagina: http://www.exteriores.gob.es/Portal/es/ServiciosAlCiudadano/Paginas/Traductoresas—Int%c3%a9rpretes-Juradosas.aspx
Suggerisco vivamente di chiedere un “presupuesto” (preventivo) al traduttore;

2. Ottenuto tale documento, dovrete mandarlo al Ministero dell’Educazione spagnolo.
Per informazioni dettagliate rimando al sito del Ministero: http://www.exteriores.gob.es/Consulados/BATA/es/ServiciosConsulares/Paginas/Homologaci%c3%b3n-t%c3%adtulos-universitarios.aspx ;

3. Se avete anche un Master, potrete convertirlo ma solo dopo aver ricevuto l’omologazione della laurea. Tempo d’attesa per ciascun documento: un anno;

4. Già dopo l’ottenimento della omologazione della laurea, potete iscrivervi a un Master per l’insegnamento della durata di un anno. Per selezionarlo basta scrivere nel motore di ricerca “Master formación profesorado” e la città spagnola in cui ci si trova. Compariranno decine di risultati;

5. State ancora leggendo? Perché gli step finora elencati richiedono un investimento di tempo di due o tre anni. Se siete degli ossi duri e il posto fisso in terra iberica è la vostra ambizione beh… completati i passaggi precedenti non vi resta che preparare l’esame di stato chiamato “Oposiciones para profesorado”. Si svolgono indipendentemente in tutte le regioni spagnole. Se passate le Oposiciones in Asturia resterete a lavorare in tale regione, non potrete spostarvi in Catalogna, per esempio. L’organizzazione è approssimativa a dir poco. In certe regioni l’esame è più facile, in altre più difficile…

6. Coloro che hanno passato l’esame con un voto inferiore a quello di chi ha ottenuto il posto, si troveranno nel limbo degli “Interinos”. Essi iniziano a fare supplenze laddove ve ne sia bisogno e a guadagnare punti per salire in graduatoria. In realtà si tratta di un escamotage per regolarizzare il precariato.

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Usare i proverbi per insegnare italiano

Luglio 10, 2019 by itxstra

I proverbi sono un grande alleato quando si insegna italiano agli stranieri.

In primo luogo perché la nostra lingua vanta un repertorio pressoché sconfinato di proverbi e, dunque, pescando in questo mare di saggezza popolare, non resteremo mai a corto di vocaboli, usi insoliti di verbi, preposizioni, formule comparative, eccetera.

In secondo luogo perché ci consentono di mettere direttamente in contatto l’alunno con il cuore della tradizione italiana. La quasi totalità di coloro che imparano la nostra lingua è interessata a toccare con mano ciò che sta oltre le regole di grammatica, la pronuncia corretta e la sintassi impeccabile (quando così non fosse, è compito del buon insegnante far nascere questo tipo di interesse!).

Inoltre, le massime e modi di dire a cui dà vita la saggezza popolare sono un prodotto proprio di qualsiasi cultura umana. Pertanto costituiscono immediatamente un ponte tra realtà più o meno distanti. Si può affermare, in effetti, che le lezioni in cui si parla di proverbi sono tra quelle in cui l’identità culturale dell’alunno è maggiormente coinvolta.

Si istituisce una relazione bidirezionale docente-discente in cui ciascuno apporta elementi che arricchiscono l’altro.

Durante una lezione in cui si fa riferimento alle massime popolari, l’alunno individuerà sicuramente, per un certo numero di proverbi italiani, una traduzione più o meno letterale, nella propria lingua.
Le immagini mentali bizzarre, comuni, ridicole, realistiche o surreali, associate abitualmente al significato letterale del proverbio, sono come quadri che saltano in mente.
Il loro potere aiuta a fissare, assieme alle rime, presenti in molti proverbi, termini e strutture nella mente di chi apprende.

È conveniente introdurre un proverbio di tanto in tanto come esempio per una spiegazione.
Quando si presenta un proverbio nuovo è utile lasciare qualche minuto all’alunno perché possa “masticarlo e assimilarlo”, insomma: familiarizzare con esso.
Conviene lasciargli il tempo necessario perché provi a tradurlo letteralmente e, poi, a indovinarne il significato.

Da evitare una carrellata di proverbi, specialmente se affini nel loro significato, poiché creano solo confusione e non si dà all’alunno il tempo di assimilarli… Chi troppo vuole nulla stringe!

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Attività per l’alunno principiante: ricette in cucina

Giugno 27, 2019 by itxstra

Un elaborato scritto che non si riduca a semplici frasi ed elementari descrizioni di amici, case o animali da compagnia, sembra un prodotto lontano anni luce, quando gli alunni sono agli inizi. Già solo da leggere, figuriamoci da scrivere!

Eppure, proporre all’alunno di produrre un testo completo, efficace e (almeno in linea teorica) pubblicabile ne mantiene viva la motivazione… Come fare perché raggiunga in poco tempo questo obiettivo? Semplice!

Utilizzando le ricette di cucina.

Per scrivere una ricetta c’è bisogno di conoscere unicamente:

A) una dozzina di verbi all’infinito (tagliare, sbucciare, frullare, mescolare, separare, spremere, bollire, cucinare, aggiungere, lasciare, raffreddare, servire);

B) alcune preposizioni: di, con, per, a, in ;

C) una decina di nomi di utensili e apparecchi da cucina (coltello, cucchiaio, bicchiere, piatto, frullatore, padella, pentola, forno, griglia, frigorifero);

E gli ingredienti?

Ecco il secondo punto vantaggioso dello scrivere ricette! Lo studente apprenderà vocaboli di uso frequente con una finalità pratica immediata: dar vita a un testo completo ed efficace. Si assiste qui a una inversione rispetto al metodo tradizionale che utilizza il testo o le frasi ripetitive per far memorizzare i vocaboli. La parola nuova è invece protagonista e ricercata.

Alcuni suggerimenti:

1- Chiedete ai vostri studenti di fare uso di post-it da attaccare sugli ingredienti e strumenti della loro cucina. È un metodo infallibile e divertente per fissare nuovi termini nella memoria.

2- Nel caso di uno studente individuale, proponetegli di scrivere un ricettario con un piccolo glossario allegato. Nel caso di una classe, chiedete agli studenti, a rotazione, di leggere la propria ricetta ai compagni perché possano prendere appunti e, quando ciò sia fattibile, anche di portarne una dimostrazione pratica

3- Mostratevi interessati alle ricette tradizionali del luogo di provenienza dell’alunno. In questo modo lui/lei si sentirà a proprio agio per quel che riguarda i contenuti e potrà concentrarsi sull’uso corretto dell’italiano

4- Leggete ricette italiane durante la lezione e lasciatele agli alunni perché possano realizzarle a casa (senza sbirciare sul vocabolario però!)

La lezione è servita!

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Pronuncia e intonazione (2): cose da NON fare

Giugno 21, 2019 by itxstra

La parte (1) si trova qui

1) Non chiedere senza dare. Se il capitolo “pronuncia ed intonazione” non fa parte del nostro piano didattico, è perfettamente inutile correggere occasionalmente errori relativi ad esso. In un certo senso è persino ingiusto, poiché non lo abbiamo stabilito come argomento degno di essere preso in considerazione da parte dell’alunno. Se invece abbiamo introdotto il tema già da alcune lezioni, (come? Date un’occhiata alla parte 1) possiamo iniziare a correggere pronuncia e intonazione.

2) Evitare gli eccessi. L’enfatizzare eccessivo di pronuncia e intonazione risulta posticcio quando non in armonia con la conoscenza reale e sedimentata della lingua. Non imponiamo allo studente la meta di una pronuncia impeccabile e un’intonazione formidabile in tempi brevi. Piuttosto, prefiggiamoci come obiettivo a lungo termine per lui/lei un modo di parlare chiaro ed efficace. È importante che l’alunno sappia “come lo direbbe un italiano”, questo lo aiuterà enormemente nella comprensione. È cruciale, poi, che si impegni a riprodurre tale modo ma senza uno sforzo esagerato. Altrimenti risulterà caricaturale.

3) Non buttarsi giù. Gli esercizi di pronuncia non danno immediatamente i propri frutti. Anzi, per settimane ci sembrerà che l’alunno non avanzi di un millimetro Per questo motivo è molto importante non scoraggiarsi. Eh lo so, sembra scontato… Ma mantenere alto il morale dell’alunno e il proprio è fondamentale! Il miglioramento “a scatti” ha una sua logica: i muscoli devono allenarsi a produrre nuovi movimenti, e dunque, suoni.

4) Non alzare troppo velocemente il livello. Per evitare di demoralizzare l’alunno (vedi il punto 3) è meglio non metterlo nelle condizioni di sbagliare molto. Iniziamo da cose semplici e alziamo gradualmente l’asticella. È meglio avere pochi errori su cui lavorare piuttosto che (forse galvanizzati dai primi successi) lanciarsi subito verso ardue imprese.

5) Non abusare delle correzioni. Quando lo sforzo non è concentrato unicamente su pronuncia e intonazione, meglio essere flessibili nelle correzioni. Sta alla sensibilità di ciascuno stabilire quando insistere o meno. È bene, in ogni caso, essere coerenti: nella stessa lezione/fase della lezione o si corregge sempre uno stesso errore o lo si ignora. Altrimenti manderemmo un messaggio contraddittorio.

6) Non limitarsi all’esercizio di inizio lezione. Per velocizzare il processo di apprendimento è sempre utile registrare tanto noi stessi quanto l’alunno. Inoltre potremmo suggerirgli attività di ascolto da svolgere a casa. Troverete una fonte pressoché inesauribile di materiale da ascoltare (e ripetere!) qui.

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